Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
é dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
(Eugenio Montale, Ossi di Seppia, 1925)
PER LE V CLASSI: esprimete il vostro breve commento.
Montale si rivolge a un Tu soprannaturale: “Portami il girasole… portami tu la pianta…”
RispondiEliminaE' un'invocazione come una “preghiera” a un'Entità soprannaturale sconosciuta, divina.
Il "girasole" è un solare luminosissimo emblema, foriero di fertilissimi sviluppi futuri: La pianta, terrena immagine del sole, al sole sempre rivolta, se trapiantata nella propria personale aridità è segno capace di guidare al di là del muro, nella dimora dell'ideale (evidenziata dall'unica rima imperfetta «trasparenze-essenza») «dove sorgono bionde trasparenze»; e «la vita», già sublimata la greve corporeità in colori e suoni, infine «vapora» in sostanza odorosa, in «essenza» per effetto di questo simbolo «impazzito di luce».
Forse non aveva fede in Dio, come molti sostengono, ma è certo che aveva fede nella forza della natura e delle energie trascendenti, che indirizzate sono in grado di produrre veri miracoli, ai quali aspirava collaborare.