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prof.ssa Angelica Piscitello

sabato 10 dicembre 2011

La coscienza di Zeno - Italo Svevo - Lezioni di letteratura del 900



Nel saggio "L'uomo e la teoria darwiniana" Svevo, esponendo una sua riflessione sulla teoria darwiniana dell'evoluzione naturale, giunge a pensare che il malato è l'uomo vero, "l'uomo più umano che sia stato creato".
L'inetto è un "abbozzo", un essere in divenire, che ha ancora la possibilità di evolversi verso altre forme proprio grazie alla sua mancanza assoluta di uno sviluppo marcato in qualsivoglia senso, mentre gli individui "normali", "sani", che sono già perfettamente compiuti in tutte le loro parti, sono incapaci di evolversi ulteriormente, si sono arrestati nel loro sviluppo e cristallizzati nella loro forma definitiva.
L'inettitudine non appare più, dunque, un marchio d'inferiorità, che condanna ad un'irrimediabile inadattabilità al reale e quindi alla debolezza e alla sconfitta, ma una condizione in qualche modo privilegiata, aperta e disponibile.
L'atteggiamento di Svevo verso l'inetto è un atteggiamento più aperto e problematico, disposto a guardare all'inetto anche con simpatia, ad accettarlo nella sua mescolanza di positivo e negativo.

PER LE CLASSI V:
Sviluppate, nella forma di TIP. A, consegnata in cartaceo, l'analisi e il commento della prefazione a "LA COSCIENZA DI ZENO".
Esprimete qui il vostro commento sui temi "malattia" e "salute" del protagonista-narratore dell'opera.

1 commento:

  1. La “malattia”, in Zeno Cosini, personaggio protagonista del celebre romanzo del genere psicologico "La coscienza di Zeno", funziona da strumento straniante nei confronti dei cosiddetti “sani” e “normali” come il padre, il suocero, la moglie, Ada, Guido e tutti gli altri borghesi che si affollano sullo sfondo della vicenda. La “malattia”, che impedisce a Zeno di coincidere interamente con la sua parte di borghese, porta alla luce l'inconsistenza della pretesa “sanità” degli altri, che in quella parte, per quel che vede o immagina di loro Zeno, sembrano vivere perfettamente soddisfatti, incrollabili nella loro certezze. Zeno, consapevole della sua imperfezione, di essere malato di inettitudine, è inquieto ma disponibile alle trasformazioni, a sperimentare le più varie forme dell'esistenza. In lui vi è un disperato bisogno di “salute”, cioè di normalità, però, contro ogni sua intenzione, non riesce mai a coincidere veramente con quella compiuta e definitiva di uomo. Zeno finisce in tal modo per scoprire che la “salute atroce” degli altri è anch'essa “malattia”, la vera malattia.
    La visione dell'”inetto” mette in crisi, sconvolge le nozioni contrapposte e gerarchicamente ordinate di "salute" e "malattia", di "forza" e "debolezza".
    La forza è esteriormente dei Cosini padre, dei Malfenti, delle Auguste, dei Guido Speier, la debolezza è di Zeno che però "vede" più degli altri!

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Prof.ssa Angelica Piscitello